Bambini: Social & Cellulari, Il Nuovo Lusso E’ Disconnetterli

22 Feb

Per anni abbiamo lottato per abbattere il digital divide. E ora che tutto è alla portata di tutti?

Come agenzia di digital e social media marketing diffondiamo anche la cultura del digitale come strumento di crescita, ma ci occupiamo e ci preoccupiamo di farlo anche analizzando criticamente i cambiamenti che tali tecnologie stanno instaurando, nel bene e nel male.

In particolare, con l’affermarsi dei cellulari quale nuova estensione del nostro corpo e in particolare dei social network quale luogo non solo di relazione ma anche di passatempo e ancor di più riconoscimento sociale, e dei problemi di dipendenza che tali tecnologie portano con sé, volgiamo porre l’attenzione sulle persone che più stanno “subendo” queste tecnologie – i bambini – spesso con la complicità inconsapevole degli adulti o dei loro genitori.

I bambini stanno subendo un condizionamento senza precedenti nel loro modo di pensare, di sviluppare la loro creatività, nel farsi delle idee, nel potenziare il loro pensiero per diventare individui in grado di godersi la loro libertà.

Come ogni tanto facciamo, con questo post vogliamo ricordare e riportare qualche fatto significativo che possa aiutare a far riflettere su questi rischi.

Per decenni abbiamo lottato per abbattere il digital divide. Ora, che siamo tutti connessi, gli appartenenti alla classe agiata ci stanno ripensando. E stanno cercando di impedire ai figli la dipendenza dalle tecnologie. Il reddito e l’istruzione fanno differenza nell’uso dei dispositivi mobili e dei computer, ma non nel modo che pensavamo: la fa tra chi può permettersi di limitare l’accesso a Internet e agli smartphone, e chi invece ne è sempre più dipendente.

Le scuole pubbliche americane cercano di educare i bambini fin dalla tenera età all’apprendimento mediato dal computer, riporta il New York Times. Chi ha i soldi, invece, vorrebbe bandire gli schermi digitali dalle classi il più possibile.

Da “Il nuovo lusso degli americani più ricchi? Disconnettere i figli” Forbes

Queste alcune testimonianze di peso che abbiamo raccolto:

Lo chief technology officer di eBay manda i suoi figli a una scuola Waldorf, nota per il suo modello pedagogico che prevede che l’esperienza dei bambini non passi per tecnologie e informatica. Lo stesso vale per molti dipendenti dei giganti della Silicon Valley come Google, Apple, Yahoo e Hewlett-Packard.

Gli strumenti didattici principali della scuola dei loro figli sono tutt’altro che high tech: penne e carta, ferri da maglia e, di tanto in tanto, fango. Non ci sono computer. Non ci sono monitor. Non sono ammessi in aula, e la scuola aggrotta la fronte sul loro utilizzo a casa.

Steve Jobs di Apple, non voleva che i suoi figli usassero l’iPad:

“Cerchiamo di ridurre al minimo la quantità  di  tecnologia che i nostri figli possono usare.”

 Walter Isaacson, l’autore di “Steve Jobs”, afferma:

“Ogni sera Steve faceva in modo di fare cenare al grande tavolo nella loro cucina, discutendo di libri e storia e una varietà  di cose. Nessuno ha mai tirato fuori un iPad o un computer. I bambini non sembrano richiedere per niente tutti questi dispositivi.”

Tim Cook, CEO Apple, non voleva che suo nipote usasse i social:

“Non ho un figlio, ma ho un nipote al quale ho dato alcuni limiti. Ci sono alcune cose che non permetto: per esempio non voglio che usi i social media”.

Chris Anderson il CEO della 3D Robotics, azienda produttrice di droni, ha eliminato l’utilizzo di qualsiasi “gadget” ai suoi figli. Spiega questa sua scelta educativa perché ha vissuto “in prima persona i pericoli della tecnologia”.

“Non voglio che i miei figli passino la stessa cosa”

Evan Williams il fondatore di Twitter e sua moglie Sara Williams, hanno regalato ai loro due bambini centinaia di libri che possono leggere quando vogliono invece di un iPad.

Chamath Palihapitiya, ex vicepresidente Facebook, ci va giù molto duro (il video del suo discorso Youtube lo ha censurato):

Vi stanno riprogrammando (…). Abbiamo creato un sistema di gratificazione a breve termine che sta distruggendo la società “

Sean Parker, fondatore di Napster e primo presidente di Facebook, da ambasciatore a primo accusatore. Ha accusato il social di Zuckerberg di aver sfruttato le vulnerabilità della psicologia umana:

“Solo Dio sa cosa sta succedendo al cervello dei nostri piccoli (…). Ormai abbiamo tutti bisogno di quella piccola scarica di dopamina provocata dal “like” o dai commenti su una foto che postiamo; è un “feedback loop” di validazione sociale. Facebook sfrutta insomma le debolezze della psicologia umana, gli inventori l’avevano capito perfettamente ma sono andati avanti per la loro strada.”

Brian Acton, CEO di WhatsApp, ha lasciato la sua azienda per dedicarsi a una fondazione no profit e poi ha appoggiato il movimento #deletefacebook, nato dopo lo scandalo Cambridge Analityca.

Tristan Harris, ex designer di Google, ha pubblicato su Medium un lungo saggio intitolato “Come la tecnologia ti sta sequestrando il cervello”, in cui dimostra come le piattaforme social e gli smartphone vengano progettati ispirandosi alle slot machine, con il deliberato obiettivo di creare dipendenza tra gli utenti.

George Soros, potente finanziere e finanziatore di progetti tra cui anche Snapchat, ha spiegato che Big G e la creatura di Mark Zuckerberg influenzano il modo in cui le persone pensano e si comportano, senza che se ne accorgano:

 “I social media ingannano i loro utenti manipolando la loro attenzione e dirigendola verso i propri obiettivi commerciali, provocando deliberatamente la dipendenza ai servizi che forniscono, il che è molto pericoloso soprattutto per gli adolescenti.

Nella nostra era digitale le social media company stanno inducendo le persone ad abbandonare la loro autonomia. E le persone senza libertà di pensiero possono essere manipolate con facilità. È un pericolo attuale e ha già svolto un ruolo importante nelle elezioni presidenziali americane”.

Un altro pericolo è che la saldatura fra queste piattaforme e i regimi politici si fa sempre più forte. E che da ambasciatori della libertà di informazione stanno diventando strumenti di disinformazione e censura con cui modellare pensieri e idee sul mondo (si veda a tal proposito l’uso malsano della nostrana “bestia“).

Obama, ex presidente USA, ha descritto Google, Twitter, Facebook & C. come grandi piattaforme social che oltre a essere società commerciali stanno plasmando la nostra cultura in modo potente.

Sul fronte “Attenti ai social” si sono e si stanno esprimendo sempre più persone tra cui artisti e personaggi pubblici (Una vita senza social è possibile).

Tecnologia e bambini: cosa dicono gli esperti?

La Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale ha lanciato l’allarme per i rischi fisici, ma ben più gravi sono quelli psicologici:

“L’utilizzo dei cellulari si sta trasformando da uso in abuso e gli effetti nocivi per la salute sono sempre più evidenti. (…) Dobbiamo creare linee guida per limitare il più possibile l’uso dei telefonini ai bambini, evitandone totalmente l’uso prima dei 10 anni e limitandone l’uso dopo tale età.”

I bambini al di sotto dei 10 anni sono particolarmente sensibili alla dipendenza, ed è dunque compito dei genitori controllare che non usino eccessivamente dispositivi mobili durante la settimana. Nel fine settimana occorre porre un limite (da 30 minuti a 2 ore al massimo). Per gli adolescenti dai 14 anni in poi, il discorso è differente: si può permettere loro di usare più tempo il PC, a patto che l’uso sia soprattutto per studio o ricerca.

Perché permettere a un bambino di sacrificare tutto il tempo che ha a disposizione davanti allo schermo di un PC, magari girovagando tra i social network, togliendogli la possibilità  di scoprire la bellezza che si nasconde dietro alla lettura di un libro, dentro il suono di un pianoforte o nell’espressione di un dono artistico?

Ma quali pericoli possono mai nascondersi in un tablet?

A questa domanda ha dato una buona risposta la rivista “Vivere Bene”:

1 – Diminuzione della capacità di problem solving

Se hai sempre Internet in tasca, lo usi spontaneamente ogni volta che hai un dubbio, per trovare una risposta. E solitamente la trovi. Grande! Ma non dimenticare che hai trovato la soluzione, non l’hai creata. Usare sempre Internet disabilita a mio parere quella dote (chiamiamola creatività) che ti consente di inventare la tua personale soluzione. Se non ti alleni ad essere creativo fin da bambino, lo diventerai da adulto? La conseguenza potrebbe essere grave: potresti perdere la capacità di cavartela da solo in tutte le situazioni in cui Internet non ti può aiutare.

2 – Aumento della tendenza all’acquisto di impulso

I costi delle app sono bassissimi, e per acquistare basta digitare la password del tuo account. Questo doppio fattore di semplificazione dell’acquisto concesso ai ragazzini abbassa la loro capacità di valutare se davvero hanno bisogno di ciò che comprano. Paragonato al processo d’acquisto tradizionale, qui saltiamo una decina di azioni che in effetti danno il tempo di ponderare se quel qualcosa che stai per comprare ti serve davvero o no (raggiungere il negozio, cercare il prodotto, confrontarlo con altri simili, cercare la cassa, fare la coda, relazionarsi col cassiere, prendere i soldi o la carta, pagare, imbustare, tornare a casa). Abituandosi all’acquisto semplificato fin da giovani, si rischia di diventare vittima dei propri desideri, di perdere la capacità di attesa per ottenere l’oggetto del desiderio e di assumere comportamenti di acquisto ossessivo.

3 – Diminuzione della capacità di attesa

Se mostrassimo ai nostri figli come si caricava un gioco nel Commodore 64, non ci crederebbero: collega il C64 alla TV, cerca il canale, collega il mangianastri, metti la cassetta, digita la stringa di comando e aspetta circa un quarto d’ora che il gioco si carichi. Ovviamente la partita non si può salvare, quindi la prossima volta riparti da zero. Quando hai finito, smonta tutto. Questo processo ci mostrava che per giocare devi anche fare qualcosa, e soprattutto devi sapere aspettare. Oggi che le app partono con un tap, un ritardo imprevisto nell’apertura della app di 30″³ fa innervosire i nostri ragazzi. Se il ritardo arriva a un minuto, esplodono. Oltre, vanno a comprare un tablet nuovo. Stanno quindi indiscutibilmente perdendo la capacità di attendere.

4 – Diminuzione della capacità  attentiva

Riconosco mille risvolti negativi alla TV, ma il fatto che ne subivamo il palinsesto rappresenta per me un aspetto positivo: non avendo alternative eravamo costretti a stare attenti al programma in onda. Oggi i ragazzi scelgono il loro palinsesto privato su YouTube. Ricordiamoci che la Natura è terribilmente avara nello spendere energie. E così il loro cervello, potendo scegliere, seleziona video poco impegnativi. Anzi, spesso completamente vuoti di contenuto. Se i nostri ragazzi non si abituano oggi a decifrare produzioni editoriali che abbiano dei contenuti, non lo sapranno mai fare in futuro. I programmi scolastici e universitari già deprivati oggi rispetto al passato non potranno che scendere di livello per adeguarsi alle nuove popolazioni. In questo contesto chi avrà coltivato la capacità attentiva emergerà come un genio.

5 – Tendenza all’isolamento nel tempo libero 

Grazie a Facebook e a Whatsapp i nostri figli sono continuamente connessi con i loro amici. Sotto un certo punto di vista, questa è una cosa meravigliosa. Sei da solo a casa, ma effettivamente stai mantenendo le relazioni. Il problema è che si tende ad isolarsi, a passare più tempo in casa, e a controllare ossessivamente lo smartphone quando esci. Quindi si tende a perdere curiosità verso il mondo esterno. Ho fatto questa riflessione quest’estate, quando ho avuto l’occasione di un breve soggiorno in un resort stupendo. Anche se fuori era un paradiso, la Wi-Fi area della reception accoglieva sempre dei ragazzi incuffiati davanti ai loro schermi. Aberrante.

6 – Incapacità di gestire la noia

Col tablet passi da un gioco a un video a una chat in 3 tap, e puoi quindi sfuggire in un fiat alle situazioni noiose. Questo è utilissimo se siamo in fila alle Poste, perché ci permette di distrarci, ma diventa preoccupante se applicato per sfuggire a ogni minimo calo di interesse. Lo smartphone si usa quindi come telecomando per selezionare migliori contenuti rispetto a un argomento poco interessante a pranzo, per sfuggire a un passaggio noioso di un film in TV, per distrarsi durante il solito tragitto da casa alla fermata dell’autobus. Col risultato che senza avere a disposizione lo smartphone o il tablet un’occasione normalmente noiosa diventa intollerabile.

7 – Avvio di una dipendenza

Passare ore e ore davanti allo schermo, non muoversi neanche per andare in bagno senza portarsi dietro lo smartphone o il tablet, controllare la chat durante la cena, io la chiamo dipendenza. Secondo me avviare una qualsiasi dipendenza in tenera età predispone a future dipendenze. E questo non è affatto quello che voglio per i miei figli.

Non è mai troppo tardi

Ci spiace per chi usa quotidianamente i Social Network e non ha colto la quantità di tempo che perde la maggior parte delle persone per non avere nulla in cambio se non endorfine da like, e ci spiace che non sia dia la dovuta attenzione a questo che è diventato un importante problema sociale.

Ma non è mai troppo tardi per prendere il controllo del tuo telefono e fare in modo che non accada che i social network plasmino il tuo cervello e soprattutto quello dei ragazzi.

E non è mai troppo tardi per informarsi anche come genitori con il supporto di esperti come la psicoterapeuta e la pedagogista di AgendaDigitale che raccontano come sfruttare i vantaggi della tecnologia nell’età evolutiva, ma evitandone i rischi: bambini col digitale, più danni o più vantaggi? Che fare; o per seguire le linee guida dell’OMS per i più piccoli; o nel cercare maggiori informazioni in rete che aiutino a capire come l’uso frequente dei social altera il cervello degli adolescenti.


Studio Cappello: Digital Marketing


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