“Messy Middle” E Come Influenzare I Processi Decisionali Degli Utenti

31 Ott

messy middle

I principi delle scienze comportamentali possono essere applicati in scenari di marketing del mondo reale

Il primo report sul “messy middle” pubblicato da Google nel 2020 è diventato una sorta di mappa, una vera e propria guida anche per gli specialisti di Studio Cappello, per gran parte dei marketer digitali; lo studio, attuale anche a distanza di qualche anno, ha messo sotto la lente d’ingrandimento il sempre più complesso processo decisionale dei consumatori.

In questi giorni il gigante di Mountain View ha pubblicato l’atteso seguito: “Decoding Decisions: Marketing in the messy middle”.

In questo nuovo report le azioni degli utenti vengono approfondite nel dettaglio e vengono individuate una serie di azioni, leve e actionable insigths per influenzare i bias e per abbattere le barrierie che caratterizzano il “messy middle”.

Cos’è il messy middle?

“Il messy middle è un luogo complicato.”

Così gli stessi ricercatori iniziano la loro analisi del percorso che porta una persona a finalizzare un acquisto.

Internet ha democraticizzato l’accesso alle informazioni, rendendole accessibili a chiunque. Per i consumatori, questo ha comportato degli indubbi vantaggi, ma anche un overload informativo che può rendere difficile orientarsi correttamente.

Questa complessità, che si somma a quella “naturale” propria del processo d’acquisto di un utente, è stata figurata da Google come un loop infinito che si muove fra due fasi: esplorazione e valutazione.

messy middle google
La rappresentazione grafica del messy middle e del percorso d’acquisto di un utente.

Questo loop mentale che si interpone fra trigger e acquisto negli ultimi tempi ha assunto nuove connotazioni: di fronte all’incertezza economica, gli utenti sono più attenti alla gestione del proprio budget e, di riflesso, i marketer stessi sono spinti a migliorare il ROI.

Ecco che quindi riuscire a comprendere al meglio come le persone prendono le proprie decisioni può fare la differenza.

Se ogni percorso d’acquisto è, e sarà sempre, diverso fra individuo e individuo, possiamo comunque individuare dei tratti comuni, in particolare:

  • Nella ricerca di informazioni
  • Nella comprensione dell’offerta
  • In come si costruisce la fiducia verso un brand e un prodotto.

Vediamo questi tre aspetti uno per volta, per individuare quei tratti comuni che ci possano aiutare a capire meglio gli utenti di oggi.

L’evoluzione nella ricerca delle informazioni

L’overload informativo citato si traduce in una difficoltà da parte dei consumatori nell’essere sicuri delle proprie scelte.

L’evoluzione dell’offerta online e la crescita esponenziale dei contenuti riguardanti qualsiasi argomento, ha contribuito a modificare i modi in cui gli utenti si informano su un prodotto.

Questo shift di mentalità è riscontrabile dalle ricerche online degli utenti: siamo tutti più propensi a ricercare la soluzione “migliore” e stiamo affinando le nostre ricerche per renderle sempre più precise e pertinenti.

query abiti da sposa
Query di ricerca più popolari legate al tema “abiti da sposa” in Gran Bretagna.

Un altro aspetto che influenza la ricerca di informazioni in modo significativo è l’emergere di trend, temporanei o di lunga durata.

Per fornire degli esempi di queste dinamiche basti pensare a come, durante la pandemia, alcune ricerche abbiano toccato picchi di volumi oggi irraggiungibili, o come temi come quello della sostenibilità stiano influenzando i processi decisionali di noi tutti.

L’impatto dei bias decisionali

Già dal primo degli studi riguardanti il messy middle erano stati individuati 6 bias che influenzano significativamente le considerazioni dei consumatori.

bias cognitivi
I 6 bias cognitivi che influenzano la ricerca di informazioni online

Nello specifico:

  1. Il bias di autorità: la tendenza ad attribuire un maggior valore a chi riesce a dimostrare riconoscimenti da parte di autorità di uno specifico campo (ad es. uno spazzolino approvato dall’Associazione Nazionale Dentisti Italiani).
  2. La social proof: la tendenza a seguire l’opinione, i consigli e i comportamenti altrui.
  3. Il potere della gratuità: la tendenza a sopravvalutare prodotti gratuiti.
  4. L’euristica di categoria: rappresentata da scorciatoie e regole che ci aiutano a prendere decisioni soddisfacenti su una determinata categoria di prodotto.
  5. Il bias di scarsità: presuppone che tempo o quantità limitate rendano ciò che offriamo più desiderabile.
  6. Il potere dell’immediatezza: sfrutta la naturale tendenza umana a focalizzarsi più sull’oggi che sul domani.

Questi fattori, già testati in precedenza, sono stati messi nuovamente alla prova da Google e quanto ne è emerso evidenzia che, per molte categorie di prodotto o servizio, sfruttare al meglio questi bias può spingere un utente ad abbandonare il proprio brand preferito in favore di un nuovo marchio.

google e bias cognitivi
% di utenti per categoria che scelgono un brand preferito (blu scuro) o un brand secondario che sfrutta i bias nei propri annunci pubblicitari (azzurro)

In questa nuova pubblicazione sono stati presi in considerazione anche altri fattori che vanno ad influenzare la considerazione degli utenti:

  • Effetto dell’ordinamento: cioè la differenza di risultato al cambiare dell’ordine in cui vengono presentati gli stimoli.
  • Segnali di potere di spesa: non riguardano i prodotti, ma sono caratteristiche che mettono in evidenza la potenza e il benessere di un brand (ad es. una sponsorizzazione importante o uno spot televisivo in prime-time).
  • Effetto Pratfall: difetti che possono comunque rendere il prodotto più interessante, perché visti come naturali o inevitabili.
fattori che influenzano le scelte dei consumatori
Nell’immagine un esempio dei fattori sopra citati. L’icona “1,2,3” rappresenta il test sull’ordinamento dei copy, l’icona con il cuore il gancio ad “effetto Pratfall” e il pavone il segnale sul potere di spesa.

Lo studio condotto da Google sui Bias

Lo studio condotto da Google ha messo alla prova questi bias testandoli in annunci comparati di brand riconosciuti, di seconda scelta e completamente inventati.

Cosa ne è emerso?

  • Anche solo essere presenti con un annuncio porta dei vantaggi: fra il 15 e il 34% degli utenti clicca sul secondo risultato di ricerca anche di fronte ad annunci identici.
  • Fare leva sui bias, sfruttando i principi delle behavioural sciences, può far anche raddoppiare la quota di clic raccolti: fra il 23 e il 53% dei partecipanti ai test ha cliccato su un annuncio di questo tipo da parte di un brand “challenger”, anche se in terza posizione dopo annunci più elementari di brand “preferiti”.

In definitiva, curare al meglio i propri copy e il proprio messaggio può aiutare a massimizzare e proteggere i propri investimenti pubblicitari.

Lavorare sulla fiducia

Una volta catturata l’attenzione dell’utente, il passo successivo sarà necessariamente quello di lavorare in consideration, cercando di convincere il consumatore che la nostra è l’offerta che risponde alle sue necessità.

fiducia degli utenti
Livello di sicurezza degli utenti per categoria di prodotto

Decoding Decisions osserva come i consumatori abbiano un diverso livello di sicurezza in sè stessi che varia in basa alle diverse categorie di prodotto, e questa fiducia è direttamente proporzionale alla frequenza di acquisto: tendiamo a fidarci di più delle nostre scelte quando acquistiamo spesso un prodotto.

Come possiamo intervenire per influenzare il livello di fiducia nel messy middle?

Il primo passo è quello di lavorare sulle informazioni: un utente informato è un utente che vede aumentare il proprio livello di confidenza.

ricerche messy middle
Le informazioni ricercate dai consumatori per valutare un prodotto nel messy middle

Come già detto in precedenza, l’utente si sposta continuamente da uno stato di esplorazione ad uno stato di valutazione e in questo processo può venire influenzato dai concetti riportati nell’immagine sopra: dall’ispirazione ai range di prezzo e di opzioni, dalla disponibilità al prezzo, esistono una serie di fattori su cui possiamo lavorare per far emergere la nostra proposta.

  • Quando stiamo esplorando il messy middle vogliamo capire i brand e i retailer che popolano una nicchia o un vertical, cerchiamo ispirazione per dare forma ad una mappa mentale delle offerte disponibili.
  • In fase di valutazione, poi, come consumatori andiamo a scremare le opzioni valutando fattori che influenzano da vicino l’acquisto, come i piani di pagamento o le recensioni di prodotto.

I fattori, come capirete, sono molteplici e hanno un peso diverso per ogni categoria merceologica o di servizio.

fattori di scelta nel messy middle
Peso di diversi fattori su diversi vertical

Va sempre tenuto a mente che esistono anche delle barriere psicologiche all’acquisto: il ruolo dei marketer e dei player digitali (ma non solo) è quello di cercare di abbattere questi ostacoli, fornendo soluzioni ai consumatori.

barriere psicologiche nel messy middle
Quali sono le barriere psicologiche caratteristiche del messy middle?

Anche la percezione e il peso di queste difficoltà cambia di categoria in categoria: il piacere che regala l’acquistare un prodotto gioca un ruolo fondamentale.

Più ci piace acquistare qualcosa, meno ostacoli ci saranno sul nostro cammino.

opinione consumatori per categoria prodotto
Una matrice che descrive l’opinione dei consumatori su diverse categorie di prodotto

Azioni concrete per influenzare la presa di decisione

Da questa panoramica sul messy middle, è facile comprendere come ogni progetto digitale debba avere un approccio olistico, che vada oltre la semplice allocazione del budget e le classiche azioni pubblicitarie.

La SEO, lo sviluppo di contenuti accattivanti e la cura della User Experience assumono enorme rilevanza nella capacità di far fruttare efficacemente i nostri investimenti.

In questo nuovo studio Google, proprio su questo punto si è insistito in modo particolare.. Sono stati progettati e portati a termine test specifici attraverso i quali si è valutato come questi fattori possono influenzare la presa di decisione.

Nel concreto sono stati sviluppati diversi A/B test durante i quali sono state sottoposte diverse versioni di una landing page che lavoravano su diversi aspetti:

  • Bias di autorità
  • Riprova sociale
  • Framing, ovvero come la pagina è progettata e come vengono divisi gli spazi
  • Paradosso della scelta, secondo cui un’eccesso di opzioni può portare ad un aumento dell’indecisione
  • Priming Emozionale, la tendenza ad essere influenzati più dalle emozioni che da considerazioni razionali
  • Ancoraggio, cioè la tendenza a cercare punti di riferimento su cui fare affidamento per la presa di decisione
  • Cognitive ease, la nostra tendenza a favorire decisioni che non richiedono sforzo cognitivo
  • Ostacoli alla consegna, una sottocategoria del potere dell’immediatezza calato sulla velocità di spedizione
  • Mental accounting, cioè come gestiamo mentalmente il nostro budget e come possiamo influenzare questo aspetto con vari piani di pagamento
  • Bias di default, la nostra tendenza a continuare a comportarci come abbiamo sempre fatto
  • Endowment effect, cioè la tendenza ad attribuire maggior valore a cose che possediamo (su cui possiamo agire, ad esempio, con un’app AR che ci consenta di visualizzare un prodotto indossato o in un nostro spazio)

Da tutti i test emerge chiara l’influenza di questi aspetti sulla decisione di acquisto.

Riuscire ad anticipare i bisogni informativi degli utenti, fornendo risposte chiare e user-friendly, consente di migliorare la sicurezza percepita, la considerazione e l’acquisto da parte dei potenziali clienti.

Da come acquistiamo a dove acquistiamo

Una volta chiariti i fattori che influenzano l’acquisto, viene naturale domandarsi se gli utenti abbiano delle preferenze sull’entità a cui affidarsi: preferiscono un retailer o un brand? E quali dinamiche si celano dietro questa scelta?

Dai test effettuati, una delle prime osservazioni riguarda il livello di fedeltà degli utenti: a parità di fattori, la preferenza per il prodotto sembra essere decisamente più forte rispetto a quella per un retailer, per un venditore.

Anche lavorare sui fattori di behavioural science esposti finora ha un effetto diverso per prodotti e retailer: sfruttare questi aspetti ha un impatto maggiore a livello di brand di prodotto, mentre si tende a cambiare retailer con maggior facilità.

Percentuale di utenti che hanno scelto un brand di prodotto inventato che ha sfruttato i principi della behavioural science (azzurro) a discapito del brand preferito.
retailer e behavioural science
Percentuale di utenti che hanno scelto un retailer inventato che ha sfruttato i principi della behavioural science (azzurro) a discapito del retailer preferito.

Vista questa netta differenza viene dunque normale domandarsi anche quanto pesino i diversi principi comportamentali attribuibili al prodotto e ai retailer, al “cosa” e al “dove”, ma per questi aspetti questa emerge invece una sostanziale parità.

Ne consegue che per i marketer è importante fare leva su tutti i fattori possibili, a prescindere che si lavori per un brand o per un retailer. L’obiettivo ultimo dev’essere quello di sviluppare un’armonia che combini il giusto prodotto con la giusta esperienza.

Quanto pesano i fattori comportamentali nella presa di decisione? In azzurro quelli più legati al prodotto (al cosa) e in blu scuro quelli legati ai venditori (al dove).

Il grafico sopra esposto descrive bene quanto appena raccontato e nel dettaglio si può notare come:

  • Il brand del prodotto pesi il doppio rispetto a quello dei retailer (17% vs. 8%).
  • Il prezzo e le promozioni pesino per il 30%, una fetta importante ma non decisiva nella presa di decisione dei consumatori, un dato medio che subisce variazioni a livello di categoria.
  • Anche la social proof ha un peso rilevante, contribuendo per il 15% ad influenzare gli utenti.

Conclusioni

È fondamentale garantire la presenza del proprio brand sui canali pubblicitari e dobbiamo agire in tutti i modi possibili per eliminare il gap fra trigger e acquisto, lavorando sulle informazioni e sfruttando i principi di behavioural science.

In una singola frase: solo con un approccio multidisciplinare sarà possibile massimizzare i propri investimenti e i propri risultati.


Studio Cappello
Customer Journey Analysis


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