AdBlock: 1 Utente Su 4 Lo Usa. Conseguenze Per Siti E ADV?
3 Set
+25% degli utenti usa sistemi AdBlock
Negli USA 1 su 3. E la percentuale è in costante ascesa (Pagefair Report).
Gli AdBlock sono dei software che bloccano la pubblicità nel browser (qui come funzionano) oggi diffusi anche nei dispositivi mobile.
Negli anni, gli editori professionali e fai-da-te, si sono spostati su internet trascinando con sé la terribile prassi di devastare gli utenti con annunci advertising. Questo per monetizzare, con l’unico sistema che conoscono: la visibilità ottenuta (ma lo fa misteriosamente anche chi non ha visibilità ). E così abbiamo da una parte chi fa pubblicità senza troppa etica, dall’altra le persone trattate come pecore da tosare che cercano di difendersi. Hai mai notato i commenti degli utenti sui social, che lamentano l’invasività di banner e pop-up sugli articoli? Facci caso la prossima volta che leggi una news condivisa su Facebook (anche sulle testate più note e autorevoli).
Tra le poche (ma potenti) armi di difesa di massa ci sono gli AdBlocker: plugin per browser e mobile che bloccano l’apertura di banner o pubblicità . Ad esempio questo per Chrome, o questa per Firefox, che è l’estensione più usata nel browser a livello mondiale.
Secondo Pagefair (e altre ricerche di altri enti lo confermano) mediamente in tutto il mondo (esclusa l’Africa) almeno 1 consumatore su 4 utilizza il software di blocco degli annunci. Ma con picchi di 1 su 3 in USA e altre nazioni. È molto diffuso tra i giovani consumatori, ma non sono esclusi i più maturi. Questo significa che la percentuale di persone che bloccano gli annunci probabilmente aumenterà in futuro.
Uno studio condotto da AdBlock Plus e HubSpot su oltre 1.000 utenti intervistati tra USA, Regno Unito, Germania e Francia, mette in evidenza che:
- L’83% è contrario alla pubblicità invasiva
- Il 51% intende detenere il controllo sulla propria esperienza di navigazione
- Il 77% preferirebbe installare un filtro di blocco/controllo assoluto
- Il 63% ritiene che l’ad blocking abbia un impatto positivo sulla web experience
- Il 57% considera utili e di valore gli annunci pubblicitari sui motori di ricerca
Il dato più interessante dello studio è che gli utenti sono stanchi degli annunci pubblicitari, ma solo se non sono d’impatto o se non arricchiscono la propria esperienza web.
Tutto ciò ha due ripercussioni:
1 – Per chi progetta siti web ed e-commerce è fondamentale testare i siti con AdBlock attivo
Spesso ci si dimentica di testare i siti web su browser con attivo un AdBlock. E spesso con conseguenze terribili nel processo di acquisto online. Un terzo degli utenti non riesce a completare il processo di acquisto!
Per questo è fondamentale ricordare di appuntarsi nelle check list di analisi UX un test, e nel caso non si riuscisse a intervenire tecnicamente per eliminare malfunzionamenti causati da AdBlock, inserire un codice nel sito che lo riconosca e avverta l’utente che per utilizzare correttamente il sito deve disabilitarlo (qui uno dei metodi).
2 – Chi pensa di monetizzare la visibilità sul sito solo con annunci ha vita breve
Gli utenti normalmente tendono già a evitare i siti web troppo invasivi di pubblicità per cercarne di più usabili.
La Coalition for Better Ads è nata proprio per aiutare chi pubblica contenuti ad avere principi etici alla guida
La pubblicità aiuta a sostenere preziosi contenuti gratuiti, giornalismo solido e connessioni sociali su Internet. I consumatori, tuttavia, sono sempre più frustrati dagli annunci che interrompono la loro esperienza, disturbano il contenuto e rallentano la navigazione.
Le principali associazioni commerciali internazionali e le società coinvolte nei media online hanno costituito la Coalition for Better Ads per migliorare l’esperienza dei consumatori con la pubblicità online. La Coalition sfrutterà le intuizioni dei consumatori e le competenze intersettoriali per sviluppare e implementare nuovi standard globali per la pubblicità online che rispondano alle aspettative dei consumatori.
Google stesso si sta adoperando con un suo Google AdBlock per fare in modo che su Chrome la pubblicità non sovrasti tutto. Naturalmente il fine di Google è meno etico di quello che si possa pensare: l’obiettivo vero è disincentivare l’uso degli altri AdBlock, molto più restrittivi del suo, che ops… tra le altre cose oscurano anche la sua di pubblicità .
Cosa Analoga ha fatto Apple, dichiarando guerra alle pubblicità sugli smartphone con sistemi di blocco nel suo Safari. Tuttavia anche qui il fine nobile dell’operazione sembra essere la guerra a Google più che il rispetto degli utenti.
Ancora una volta mi tocca citare il caro guru (per me ancora troppo poco capito e ascoltato) Seth Godin e il suo Permission Marketing, il marketing permesso e gradito dalle persone, sulla cui filosofia ho fondato Studio Cappello nel 2001 e che oggi trova un forte alleato nell’Inbound Marketing.
Col marketing del permesso gli utenti accendono i radar e fanno di tutto perché la tua comunicazione arrivi loro. E se ci fossero degli AdBlock che la intralciano, li spegnerebbero.